13/07/10 #3

1 08 2010

(segue)

Il resto della giornata è facile e scorre via veloce.

Prima un breve conciliabolo con il gine-boscaiolo e con il donnone:
“Scusate, sembra banale chiederlo adesso ma tutto bene?”
“Si, a parte il fatto del tentato suicidio tutto a posto”
“Prego?”
“Suo figlio, dico, non ha visto che è uscito tenendosi stretto nel pugno il cordone ombelicale? Per questo ha avuto quel calo (nei battiti) ed abbiamo corso un po’”
(Dove avevo lasciato l’acqua? Mi è tornata un po’ d’arsura, ah! Eccola li)

Poi mi abbuffo di caramelle trovate nella valigiona di mamma Ova, accompagno la stessa al suo letto (cosa non facile visto che non ci sono letti disponibili), mi sottopongo al fuoco incrociato di domande degli Ucas, agguanto un tavolo per un pasto, invio i classici sms ad amici, parenti ed affini, aggiorno il sito (perché quando ce vò ce vò),
Quindi, dopo esser passato a prendere l’Ovetta ed averle spiegato che si, finalmente suo fratello è nato, torniamo insieme in ospedale per il primo incontro Ovettese: da una parte lui, il nuovo arrivato, che guarda tutti con le palpebre semichiuse, indifferente alla calca che si affolla al di la del vetro; dall’altra lei, l’Ovetta che fin quando le cose si dicono è un conto ma ora gli si para davanti questo marmocchietto e lei fa ballare gli occhi prima a lui, poi alla pancia di mamma Ova, poi ancora  a lui, poi ancora alla pancia di mamma Ova e si vede che proprio non ci capaciti di cosa possa esser successo in quelle poche ore.

Infine, e finalmente, a casa.

“Ovetta, sei contenta?”
“Si (ma ho uno sguardo che dice… non son sicura)”
“Ti piace il tuo fratellino?”
“Sì (ma ho uno sguardo che dice… non son sicura)”
“Questa sera la mamma rimane in ospedale, sai deve convincere il dottore che può venire a casa; questo non è un problema vero?
“No (ma ho uno sguardo che dice… non son sicura)”
“Poi domani o dopodomani al massimo vedrai che anche la mamma torna a casa, va bene?”
“Sì (ma ho uno sguardo che dice… non son sicura)”
“E così quando poi la mamma torna a casa, viene a casa anche l’Ovetto, va bene?”



“Ehm… Ovetta, hai capito? Sto dicendo che tra un paio di giorni la mamma torna a casa e con lei viene anche a casa il tuo fratellino, l’Ovetto, sei d’accordo?”

Ci pensa, ci pensa bene, poi allarga le braccia, inclina un po’ la testa e sentenza:

“… e ba be!” (“… e va bene, se proprio non si può fare a meno!”)

L’Ovetto è stato ufficialemte ammesso nell’Ovetto family!





13/07/10 #2

25 07 2010

(segue)

Appena le porte delle sale parto si sono spalancate lui ha iniziato ad aggrovigliarsi e li mi è venuto in mente cosa fosse mancato in questa giornata: non avevo fatto colazione!
Niente, ne caffè, ne biscotti, ne un pezzo di torta, non una briciola, nulla!
Lo stomaco, all’unisono con l’ingresso in sala parto, si è prima ritratto, poi ha fatto un carpiato a 360 gradi, infine si è annodato; contemporaneamente un’arsura sahariana si è impossessata della mia gola; all’esterno nulla era visibile.

Il donnone ci ha portato prima in una saletta, poi in un’altra ancora e li ha detto a Mamma Ova di prepararsi.
Io, non sapendo bene come tenere a bada il mio stomaco ho cominciato a guardarmi qua e la; strano a dirsi non c’erano briochine in giro; poi, in un briciolo di ritrovata lucidità, ho chiesto al donnone che cosa intendesse prima parlando di “calo”
“Il bimbo ha diminuito un po’ i battiti, sintomo di una lieve sofferenza, nulla di preoccupante”
(Il nodo allo stomaco si è fatto più stretto, datemi una tonnellata di san pellegrino)

Poi, d’improvviso, come cavalcando un destriero bianco, ecco entrare l’eroe, colui che tutto può: si aprono le porte ed entra il gine-boscaiolo, non di camicia a scacchi vestito, giammai!, non di timberland calzato, suvvia! Entra con lo sguardo truce di chi sa che quello è il suo momento, verde nel camice, e zoccolato ai piedi come ogni dottore che si rispetti.
(Io, dal canto mio, decido di far intonare la mia faccia al colore del suo camice e sogno brioblu…liscia o gasata poco importa)
Il gine boscaiolo non perde tempo, comanda un paio di attrezzi al donnone, saluta mamma Ovo, si concentra nella sua parte e mi chiede se posso dar da bere a mamma Ova…… ho capito bene? “Si! Certo! Adesso le do da bere!” (avanzerà un goccetto vero?), ma il carogna-gine-boscaiolo sa il fatto suo: appena mamma Ova finisce di bere cominciano le contrazioni, quelle forti:

“AHHHH” fa Mamma Ova.
“Galosch” fa il mio stomaco.
“Versamela giù” suggerisce la mia gola alla mia mano che stringe la bottiglia in mano.
“AHHHH” ri-fa Mamma Ova.
“Galosch” ri-fa il mio stomaco.
“Versamela giù, porc…!!!” suggerisce con vigore la mia gola alla mia mano che stringe la bottiglia in mano.
“AHHHH” ri-ri-fa Mamma Ova
“Galosch” ri-ri-fa il mio stomaco
“Lei cosa sta facendo?” interrompe la routine il donnone.
La guardo perplesso…
“No! Dico? non sverrà mica? E’ bianchissimo”

“No, non vorrei proprio… sa …. Avrei un po’ sete … molta….”
(Avrei anche fame, ho uno stomaco che ha fatto nodi vari su se stesso e una sudorazione azzerata, ma Signora, lo so che non è il momento per esternarle tutti i miei stati d’animo)
“Beh, veda di non darci problemi”.
Mi giro verso mamma Ova,… un fulmine di sguardo mi colpisce.
“VERSALA GIU’ !!!” intima la mia gola alla mia mano che stringe la bottiglia in mano.

Poi, tutto avviene in un attimo: porto l’acqua alle labbra, bevo, sento un tenue rossore riaffacciarsi sulla mia pelle, addirittura mi sembra che lo stomaco abbia allentato un pelo la presa, torno a guardare davanti a me, in direzione del gine-boscaiolo e li, tra le sue mani, ora c’è la faccia di un bimbo, non piange, non ancora, ha gli occhi chiusi ed è paffutissimo, due brufoletti ed un mare di capelli scuri.
Dietro a me l’orologio stampa la sua informazione: sono le 8 e 40, meno di due ore fa stavo dormendo tranquillo nel mio letto, meno di un minuto fa l’Ovetto non era ancora nato, in questo preciso momento il mio stomaco non ha più alcun nodo.

(segue)





13/07/10 #1

18 07 2010

“Papà Ovo…” “Papà Ovo…”

“Mmmm….”
“Mi sa che ci siamo”
“???” “In che senso?”
“Forse dovremmo andare in ospedale…”

“AH!”
Apro gli occhi, sono le 6,45 del mattino dell’ottavo giorno post-termine, l’Ovetta notoriamente si sveglia di li a un quarto d’ora; mamma Ova è sdraiata al mio fianco e mi fissa tranquilla; ciononostante schizzo in piedi.

Nei successivi 30 minuti succedono le seguenti cose: mi vesto, si sveglia l’Ovetta, vado a tranquillizzare l’Ovetta, metto in piedi l’Ovetta, vesto l’Ovetta, svesto l’Ovetta, faccio fare la pipì all’Ovetta, rivesto l’Ovetta, do da mangiare all’Ovetta, metto le scarpine all’Ovetta, mi avvicino all’uscio con l’Ovetta proprio nel momento in cui anche mamma Ova sta arrivando sbuffando e pian piano rallentando il passo.
E’ in quel momento, per la prima volta in questa giornata, che mi sembra di essermi dimenticato qualche cosa… ma mi sfugge.
Chiudiamo la porta, salutiamo con cortesia la vicina di casa, mamma dell’ovetto Luca, ignara del tutto, e ci dirigiamo verso l’ospedale.

All’arrivo in pronto soccorso la scena che si presenta all’infermiere di triage è la seguente: da una parte mamma Ova che respira sonoramente sbuffando a mo di stantuffo, dall’altra il sottoscritto che sentenzia: “deve partorire, te la lascio, torno tra poco” e sparisco di nuovo in macchina dove aveva lasciato l’Ovetta: prossima tappa, casa Ucas che però, dimenticavo, non sanno nulla, meglio avvisarli.

DR…”Pronto?” (ultimamente quando telefoni a casa Ucas il telefono non finisce nemmeno il primo DRINNN)
“Nonna Ucas?”
“Si?”
“Sto venendo a portarti l’Ovetta, stiamo andando in ospedale per il parto”
“STA NASCENDO!!!” (urla rivolta a nonno Ucas)
“Si, va be,… mi servirebbe che veniste a racattare la piccola giù in strada così faccio prima…”
“SCENDI SUBITO!!!!” (urla sempre rivolta al povero nonno Ucas)
Due minuti dopo, sempre con la sensazione di aver dimenticato qualche cosa, sbuco davanti a casa Ucas, il nonno è in posizione, trasferisco la cucciola nelle di lui mani e sparisco direzione ospedale; già, ma devo avvisare gli altri Ucas!
DR…”Pronto?” (ultimamente anche quando telefoni a casa degli altri Ucas il telefono non finisce nemmeno il primo DRINNN)
“Nonna Ucas?”
“Si?”
“Stiamo andando in ospedale per il parto”
“STA NASCENDO!!!” (urla rivolta a nonno Ucas)
… dove l’ho già sentita questa frase…“Si, va be,… poi quando nasce ti faccio sapere”
“MAGARI ANCHE PRIMA”
(anche prima???ma come faccio??? Ma poi cosa vuol dire “anche prima?????”)…decido di tranciare… “Ti chiamo”

Ok, gli Ucas sono sistemati, l’Ovetta è al riparo; sono di nuovo in ospedale, scarico il megavaligione che stava nel bagagliaio da una settimana e volo al secondo piano; so che mi manca qualche cosa… ma davvero non so cosa…
Mamma Ova è attaccata a due orecchioni che ascoltano la sua pancia, un donnone infermiera guarda i tracciati di tanto in tanto ma non proferisce parola, poi da una manata agli orecchioni e i tracciati schizzano in alto; allora prende un telefono
“Preparatemi la sala, …. Si, alla svelta…… si tratta di quella con quel calo….”
(calo? Quale calo? Cosa cala? a chi? perché?)
Ma il donnone prosegue, forse anche perché queste domande le ho solo pensate ma non le ho dette, già, perché non le ho dette? C’è qualche cosa di strano, mi manca qualche cosa…
Intanto il donnone è davanti all’ingresso delle sale parto, digita il codice e la porta si spalanca.
Lei entra e noi subito dietro.

E’ li, in quel momento, che mi è venuto in mente, finalmente, cosa mi mancasse fin dall’inizio…

(segue)